venerdì 23 luglio 2010

Sdoganiamo la cannottiera per le signore.

Bossi è stato di recente fotografato in cannottiera. E' sorta tutta una dietrologia politica a spiegare il gesto, a partire dalla vecchia immagine dell'incontro che siglò la sua alleanza con Berluskaiser, come lo chiamava allora affettuosamente l'Umberto.. Accordi con Fini? Litigio con Berlusconi? Tresche sottobanco con Casini? Magari invece chissà, era proprio solo caldo. A tutt'oggi la cannottiera per gli uomini è sinonimo di virilità (per qualcuno un pò cafona ma pur sempre virilità). Dolce e Comodi loro l'hanno lanciata in passarella e via con le critiche di costume sul maschio decadente che per riabilitare la sua mascolinità un pò dandy si presenta in canotta. E le signore? Alla festa ai piedi della Madonnina mi pareva che le Signore ministre Brambilla e Gelmini (nonostante il termometro) fossero piuttosto ingessate. Perchè non tentare di allegerirle di quell'aria da maestrine proponendo una collezzione di canotte charmant per signore trendy ? Attendiamo presto una risposta dagli stilisti. Dopotutto il doppiopetto è anche donna, perchè non la canotta della salute? Mi sorge il dubbio (che ormai è quasi certezza) che le donne tra i vari atteggiamenti maschili adottino solo quelli masochisti, a partire dall'workaholicism, ma mai un pò di sano fankassismo, di cui la canotta rimane simpatico simbolo. Chi ricorda ancora Rocco Barbaro, con il suo "'un se potrebbe avere un caffè", lanciato dal basso della sua canotta e calzini col buco?

mercoledì 14 luglio 2010

E'meglio portare il velo o morire ammazzate da un ex?

Due notizie sono salite in contemporanea alla ribalta giornalistica, e credo siano da studiare in correlazione. Nove donne in Italia sono state trucidate da ex-mariti, ex-fidanzati o ex-qualcosachecredevofosseamore. In Francia una legge (inapplicabile, incostituzionale finchè si vuole,ma soprattutto simbolica)fa divieto di nascondere il volto con degli abiti nei luoghi pubblici, ed è stata voluta fortissimamante da Sarkozi e da altri esponenti politici di centro-destra per sottolineare la laicità dello Stato e impedire l'uso del burqua considerato lesivo della dignità femminile e simbolo di sottomissione della donna all'uomo. La donna che porterà il burqua sarò passibile di multa e di un programma di rieducazione, per suo marito invece è previsto il carcere perchè si tratta di un comportamento considerato alla stregua di un maltrattamento. Nella società occidentalizzata insomma gli uomini vogliono che la donna giri a capo scoperto per le città. Le donne dal canto loro lo considerano un diritto acquisito, ma nel frattempo si fanno strada altre considerazioni solo in parte paradossali: ma non è che in realtà girare a capo scoperto per la strada è pericoloso per una donna? E se un suo ex-fidanzato la riconosce e le spara? Non sarebbe più sicuro un bel velo per tutte e non se ne parli più? Fuori dalle battute, ci si sta rendendo conto che l'uomo ha in sè una parte "primitiva" che si esprime in modi violento esercitando il suo presunto diritto di possesso verso la donna con cui ha o ha avuto una relazione; lo spirito con cui questi uomini agiscono è lo stesso con il quale certi islamici impongono il velo: il pensiero sembra essere "tu sei mia e gli altri uomini se ti vedessero potrebbero desiderati e così sporcare il nostro amore". Dobbiamo fermarci a rifletterci o negarlo come se non ci riguardasse? Noi donne aggressive quanto l'uomo, disinibite, che prendiamo e lasciamo i nostri uomini come fossero oggetti, senza dare spiegazioni, (per quanto false e ipocrite siano sempre le spiegazioni che poi si riducono a "non ti amo più"), non stiamo forse facendo nostri proprio quei difetti che odiavamo negli uomini? e poi: quanta responsabilità ha la società in tutto questo, con i suoi modelli di amore usa e getta, di corpi denudati e esibiti,di aggressività da videogioco accettata a tutti i livelli? Tuttavia, paradosso per paradosso, noi donne oggi preferiamo rischiare ogni giorno la vita per essere libere piutttosto che vivere una rassicurante quanto deprimente esistenza da "regina", protette da un uomo che dice di amarci ma ci vuole solo manipolare o che ci tiene nascoste sotto un velo.

lunedì 5 luglio 2010

I vaccini, la popolazione a rischio e il rischio dei vaccini.

La scorsa stagione autunnale si è caratterizzata per l’allerta mondiale lanciato dall’OMS in vista dell’arrivo della pandemia generata dal virus H1N1, nota come influenza A (cancellato da qualche tempo il riferimento ai poveri maiali che l’hanno presa pure loro, ma non erano più il principale veicolo di contagio da quando il virus era mutato per favorire la trasmissione da uomo a uomo). Le procedure di emergenza OMS, seguite dai principali paesi occidentali, prevedevano a grandi linee che, una volta disponibile il vaccino, esso fosse somministrato in via prioritaria al personale medico e sanitario, e a quello preposto a servizi essenziali, poi alla popolazione a rischio per patologie gravi, in seguito agli anziani over 65 e così via. Non era pertanto possibile acquistarsi il vaccino per proprio conto e farselo somministrare da chiunque, posto tra l’altro che lo stesso vaccino presentava una sfilza pressoché sterminata di effetti collaterali e controindicazioni. A un certo punto si parlava persino di un componente cancerogeno, che alla fine è risultato essere innocuo e comunque non presente nella versione del vaccino scelta dal Ministero per la Salute. Durante la distribuzione del vaccino al personale sanitario fioccavano le chiamate alle ASL, ai medici di famiglia, ai Comuni, agli amici degli amici, al fine di garantirsi una di quelle fialette che apparivano quasi un salvavita riservato a pochi privilegiati. Salvo che poi questi privilegiati pare abbiano fatto i salti mortali per scansare la vaccinazione. Pare, infatti, che solo una percentuale irrisoria di medici e infermieri si sia fatta vaccinare, non si sa se perché troppo impegnati a lavorare in reparto (la mancanza di personale è ormai cronica nei nostri ospedali) o se, invece, convinti quest’influenza non fosse poi così pericolosa (almeno per loro, in maggioranza sani) e che non valesse la pena vaccinarsi, magari fatto un rapido confronto costi (dati dagli effetti collaterali) e benefici. Nel frattempo però il tempo si sa vola, e con lui il virus, che si era diffuso molto rapidamente nonostante tutte le raccomandazioni di lavaggio mani che fioccavano ovunque. Insomma, mentre il vaccino passava di mano in mano, di clinica in clinica, di ospedale in ospedale; e mentre anche il personale amministrativo degli ospedali, che spesso non ha alcun contatto con i malati, poteva accedere al mitico anti-virus:, e mentre alcuni addetti ai lavori confessavano candidamente di non essersi vaccinati per niente, anche nelle alte sfere, insomma, mentre questo panorama poco consolante andava in onda ai Tiggì, forse qualche malato grave non ha fatto in tempo a farsi vaccinare e tra di loro alcuni ci hanno rimesso la vita. Si è giunti al paradosso che quando anziani over-65 e malati di varie patologie sono stati finalmente chiamati a farsi vaccinare, molti hanno risposto di no, non per mancanza di fede nelle qualità del vaccino ma semplicemente perché … loro l’influenza l’avevano già fatta! Dopo quasi un anno sui giornali compare infine il conto economico dei vaccini inutilizzati, ma si sa, non si può badare a spese se è in gioco la nostra salute. Saluti dalla Luna (dove non si prende la tv). Bocciboo.

domenica 4 luglio 2010

Nuove abitudini al mare e a Gardaland.

Quest'anno sulle spiagge si vanno affermando nuove abitudini. Non parlo di i qualcosa, nuovi modelli di materassini a forma di aerei, raccolta differenziata dei rifiuti introdotta negli stabilimenti balneari e altri argomenti"seri o seriosi" di cui si stanno occupando i giornali per occupare gli spazi lasciati liberi dagli inviati in vacanza. Mi ha colpito invece una nuova mentalità riguardo agli oggetti di svago ritenuti di scarso valore, come palloni, palette, secchielli, annaffiatoi, carriole... Mi sembra che si stia affermando la tendenza a prendere in prestito tali oggetti appartenenti ad altri e che magari giacciono temporaneamente abbandonati od incustoditi, usandoli senza chiedere il permesso ai relativi proprietari. Gli oggetti in questione vengono infatti presi, usati per tutto il tempo che si ritiene "corretto", sottraendone così il godimento al proprietario, ma non solo: terminato l'interesse verso i medesimi, non li si riporta nel luogo da cui provengono, ma li si abbandona dove capita, magari ad una certa distanza da dove li si è presi, senza preoccuparsi del fatto che, così facendo, con tutta probabilità gli stessi non verranno più ritrovati. Tale comportamento è tipico degli adolescenti, ma contagia i ragazzini più giovani. Per i bambini si sa, la situazione è diversa, poichè loro non conoscono il concetto capitalistico di proprietà (anche se paiono scoprirlo improvvisamente quando portate via loro un giocattolo...); in questo caso dovrebbero esssere i rispettivi genitori a vigilare per evitare che i giochi altrui vengano rotti o danneggiati, ma soprattutto potrebbero controllare che gli oggetti siano rimessi al loro posto o almeno non troppo lontano da dove provengono. Altrimenti l'effetto è pari ad un piccolo furto. Simile, per intenderci, a quello di quei minorenni che (per gioco) hanno "fregato" gli zaini a dei coetani a Gardaland. Questa mentalità indifferente alla proprietà altrui ha poi forse contagiato anche i loro genitori, i quali, di fronte alla denuncia per furto subìta dai figli hanno commentato: "Non era il caso, è stata solo una bravata, i nostri figli hanno tutto". Avrebbero giudicato nello stesso modo un analogo furto se subìto da loro, magari ad opera di un gruppo di poveri (magari stranieri, o peggio gitani?) . Sembrerebbe infatti che si possa parlare di furto solo se qualcuno si impadronisce di qualcosa che non possiede di già, altrimenti sarebbe soltanto uno scherzo. Una specie di nuova teoria da hippies, una rivoluzionaria visione di un mondo dove tutto è di tutti, ma solo tra benestanti. Il povero che ruba per mangiare deve andare in galera, chi ha dieci auto di lusso e per provare l'ebrezza di una undicesima evade il fisco dopo tutto è solo un buontempone. Saluti dalla Luna (dove non c'è la tv). Bocciboo.

sabato 3 luglio 2010

De Andrè, i giudici e berlusconi.

Fabrizio De Andrè ci lasciò una spendida canzone che adattò dall'originale del geniale cantautore francese Georges Brassens. Questi la scrisse, come disse De Andrè, con tutta probabilità per un suo amico che era stato ghigliottinato a causa di una sentenza ingiusta. In questo pezzo che si intitola "Il gorilla" un giovane giudice con la toga finisce inchiappettato (in senso letterale) dal vivace gorilla protagonista della storia, costretto a questa scelta amara dalla mancanza di alternative, visto che "la differenza tra idea e azione" aveva fatto sparire tutte le donne di lui invaghitesi. La canzone, allegra ma non troppo, è figlia di una prospettiva politica che si può definirre "garantista", o meglio di ispirazione anarchica, libertaria, e, più in generale, di sinistra. Oggi la sinistra italina non ama definirsi garantista, dopo che la bandiera del garantismo è stata fatta propria dalla destra e, in particolare, dal suo massimo esponente Berlusconi. Dov'è la differenza tra questi due garantismi? E' presto detto: De Andrè e Brassens si schieravano idealmente dalla parte delle vittime " comuni " della giustizia perchè vedevano in loro dei poveracci magari innocenti condannati più per la loro pochezza di mezzi materiali che per le colpe commesse. Oggi i garantisti nostrani sono ricchi e ben pasciuti, e sono difesi brillantemente da grandi ed eleganti avvocati pagati con laute parcelle, ma loro si lamentano lo stesso perchè si sentono dei "perseguitati per causa della giustizia" come dice il Vangelo. Chissà se oggi Brassens farebbe inchiappettare uno di questi azzimati avvocati dal suo irriverente gorilla.Un saluto dalla Luna (dove non si vede la tv)Bocciboo